Loredan Gasparini raccontato da EnoBucolico

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Sommelier

Loredan Gasparini: Grand Vin de Veneto

Il Capo di Stato è il fiore all’occhiello dell’enologia Veneta, e senza alcun dubbio il vino più significativo della Marca Gioiosa, la Provincia di Treviso.
Viene infatti prodotto a Venegazzù, ai piedi dei dolci pendii del Bosco del Montello, dalla storica azienda Loredan Gasparini, fondata all’inizio degli anni 50 dal Conte Loredan, discendente di un Doge della Serenissima.

Siamo a pochi chimoletri a Nord-Ovest del Capoluogo trevigiano, alle cui dolci acque il Sommo Poeta ha dedicato un verso del Paradiso.
Qui la grande pianura inizia a prendere lo slancio, che in breve distanza la condurrà fino ai corrucciati declivi di Valdobbiadene, e alle Prealpi Venete.
I suoli rossi di argilla sono stati lentamente formati dai sedimenti portati dal fiume Piave, fiume Sacro alla Patria, le cui amate sponde furono teatro di atroci sofferenze nella storia recente.
Ed è da qui che nasce la storia del Capo di Stato, dai vitigni che ora chiamano Bordolesi, ma che sono qui dai tempi dei nonni dei nostri nonni: Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc e Malbec.
Lo storico Vigneto delle Cento Piante, piantato nel 1947, continua a produrre uve pregiate per questo vino. Un taglio bordolese dunque, come se ne trovano in tutto il Triveneto, oltre che in molte regioni del Centro Italia...ma che cos’ha di diverso il Capo di Stato? Sicuramente la sua storia, ai confini della leggenda, come d’altronde attesta la rivista francese “100 vins de légende” che lo inserisce nella sua nobile lista.
Il Rosso di Venegazzù nasce negli anni ’50, e inizia ad essere distribuito nelle zone limitrofe, specialmente nella città di Venezia, che storicamente si approvigiona di succo d’uva dalla sua fedele roccaforte nell’entroterra. Ed è qui, all’Hotel Gritti sul Canal Grande, che l’allora Capo di Stato francese, icona de La Resistance, Charles de Gaulle, prova questo vino mentre è in visita in Laguna, e si esalta, definendolo un eccellso Bordeaux.
In un’epoca di totale predominio globale dei vini francesi, che precede di una decina d’anni il Giudizio di Parigi di Steven Spurrier, questo “ giudizio” crea scalpore, e conferisce immediatamente un’aurea aristocratica al nostro vino rosso.
Pertanto il Conte decide di dedicare il Rosso Venegazzù ai coniugi De Gaulle, e il vino diventa così semplicemente Capo di Stato.

Viene commissionata, nel 1967, la meravigliosa etichetta all’artista padovano Tono Zancanaro, che diviene iconica, ed è tuttora invariata, con i ritratti di un uomo ed una donna, a raffigurazione della duplice essenza, maschile e femminile, del vino e dell’uva. “Des Roses pour Madame...pour Monsieur la Bombe”. Era nata una nuova stella nel Firmamento enoico italiano, quando ancora Bolgheri era una distesa di ciottoli, e nelle Langhe la coltura principale era la nocciola.

Pochi anni dopo, il Conte vende l’azienda a seguito di un dissesto finanziario. Ma ci sono anche delle voci che lo vedono invischiato in una faccenda molto oscura. Erano infatti note le controversie politiche del Conte Rosso, già partigiano...si vocifera che avrebbe sostenuto economicante la causa anarchica, e alcuni dei brigatisti responsabili della strage di Piazza Fontana, nella quale persero la vita 17 persone.
L’azienda passa dunque di proprietà alla famiglia Palla che la getisce tuttora, e la leggenda continua.
Oggi la Treccani alla voce Venegazzù cita letteralmente “Nome di un pregiato vino rosso da tavola prodotto in quantità molto limitata nella zona di Venegazzù”.

Mi piace pensare a questo vino come ad una grande rappresentazione della mia terra, fatto a sua immagine e somiglianza, in una duplice essenza che unisce le nebbie autunnali alla rigogliosa serenità della terra rossa in primavera. E’ un vino schietto e sincero, a volte burbero ed austero, ma anche caldo e generoso, mai troppo appariscente, ma sempre placido ed equilibrato. Un vero inno alla povertà della terra, dalla quale nascono cose preziose, un encomio all’arte dell’arrangiarsi tipica di chi la abita e all’implacabile tenacia della cultura contadina.
Va da sè che il Capo di Stato si esprime al meglio con la cucina di terra tipica di Treviso, il radicchio rosso tardivo (quello vero), i chiodini del Montello, i formaggi importanti (Morlacco, Inbriago, Bastardo), i salumi dal gusto deciso come la mitica Soppressa, e la carne povera, tipicamente del maiale.
Da notare che dalle vinacce del Capo di Stato si ottiene una grappa superba.

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