Vie di Romans, storia e degustazione dei vini Friulani con Enobucolico

Sommelier Enobucolico

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Vie di Romans: una delle aziende vitivinicole italiane più riconosciute a livello internazionale

Vie di Romans è una delle cantine italiane più blasonate nel mondo dei vini bianchi, autrice di etichette ormai diventate iconiche, e molto apprezzate nel mondo per il loro stile robusto. Una bottiglia in particolare ha avuto un ruolo fondamentale nella mia formazione, scatenando in me una sorta di terremoto dei sensi, un vero cortocircuito sommelieristico.

Siamo a Mariano del Friuli, nella zona dell’Isonzo, prossima al confine con la Slovenia. Un’area stretta in una morsa tra le Alpi e l’Adriatico, tanto che subisce profondamente l’effetto di entrambi. La pianura si restringe sempre più in una gola andando verso Est, chiusa dal lento digradare dell’Arco Alpino.

Per dare un’idea concreta, il mare dista 20km, e la motagna all’incirca 30km. Sovente i grandi vini si incontrano in zone in cui diversi fattori pedoclimatici entrano in aperto contrasto tra loro, come in questo caso. Estati calde e inverni rigidi, un clima non sempre clemente.
Mettiamoci pure il vento, spesso presente: da Sud soffia lo Scirocco, dall’Est la Bora, fondamentale per tenere lontano i disagi causati da umidità e temperature estive elevate.
I suoli sono il risultato di 4 glaciazioni, susseguitesi nell’arco di un milione e mezzo di anni: a ciascuna di esse ha fatto seguito un periodo di disgelo, che ha trascinato verso la pianura i sedimenti alluvionali.

Ora i vigneti si trovano in una zona che anticamente corrispondeva all’ampio letto del fiume Isonzo, oggi riempito da questi materiali discesi dalle Alpi. In particolare la colorazione rossa del terreno si deve all’abbondanza di ossido di ferro.
Quest’introduzione è fondamentale per capire Vie di Romans, poichè il suolo è al centro della filosofia produttiva di questa cantina: ogni vino proviene da un unico appezzamento di terreno, tanto che il nome del vigneto da il nome vino stesso. Ogni bottiglia rappresenta il terroir in cui l’uva cresce, in una visione stile Borgogna.
Le vigne sono piantate a densità elevata, ben al di sopra della media isontina, intorno ai 6.000 ceppi per ettaro. Viceversa le rese sono molto basse, intorno ai 50-60 quintali ad ettaro, equivalenti ad 1 kg per pianta.
Le vinificazioni sono simili per tutti i vini: niente malolattica, fermentazioni in ambiente ossido riduttivo, affinamento di poco meno di un anno in legno piccolo ed un altro anno in vetro. Poche etichette, per lo più da uve Pinot Grigio, Sauvignon, Chardonnay, Friulano, Malvasia, quasi sempre in purezza, fatta eccezione per il Flors di Uis.
Una sola linea produttiva, senza fronzoli, semplice e diretta, per una cantina che ha scelto di non cambiare, rimanendo fedele a se stessa, ed ai palati dei consumatori che continuano a premiarla. Una linea che de facto è gia una Selezione, o Riserva, in quanto i vini escono sul mercato già maturi, dopo oltre due anni spesi in cantina. Si potrebbero spendere delle ore a parlare di questi vini, unici e senza compromessi, difficilmente assimilabili ad altri vini nella Valle dell’Isonzo; a volte anche divisivi se vogliamo. E’ innegabile che la visione di Vie di Romans punti ad estrarre dall’uva il suo succo più concentrato, il suo genoma, sinteticamente intenso ed esplosivo.

Concentrazione è proprio la parola chiave quando si parla di Vie di Romans: sono vini bianchi di grande struttura, in cui si percepisce la maturità del frutto e la robusta compattezza di questo clima caldo, ma anche austero. Non mancano le note date dai lieviti, e le influenze del rovere, che però si amalgamano sempre bene ai caratteri varietali, senza andarli a sovrastare.
La spinta acida è sempre sufficiente a controbilanciare l’opulenza di vini che a volte raggiungono i 15 gradi alcolici, cosicchè non manchino mai di equilibrio. Niente vinelli spensierati da sorseggiare in riva al mare dunque, Vie di Romans è roba tosta.
Nella loro selezione spicca a mio avviso il Flors di Uis, un vino originale e di grandissima ampiezza aromatica, che unisce la mineralità della Malvasia, la fragranza del Friulano, e l’esuberanza del Riesling.
Altro fuoriclasse assoluto è Vie di Romains Piere, un Sauvignon in purezza, da cloni prevalentemente italiani. Un Sauvignon gigantesco, molto potente e strutturato, che esprime tutta la cospicua abbondanza aromatica del frutto mentre si aggrappa alla sontuosità del rovere. Degno di menzione è anche il Vie di Romans Chardonnay, il loro vino più classico, uno stereotipico, pensato per far fronte ai grandi classici Chardonnay d’Italia, sui quali ha un grande vantaggio nel prezzo, estremamente concorrenziale.
Ma il vero fiore all’occhiello, quel vino che ha scaturito in chi scrive un flusso di coscienza enoica, è il Dessimis. Un Pinot Grigio Ramato, una categoria che si colloca in un’aleatoria contiguità con Orange wine e vini rosati, ma che di fatto è solo Ramato.
Dessimis è il capostipite della purtroppo ancor piccola famiglia dei Ramati d’Italia. Un vino un po’ camaleontico, che naviga in mari molto diversi da quelli in cui si affollano le orde degli “altri” Pinot Grigi, quelli ordinari.
Lo stesso colore è sufficiente a scoraggiare l’ignaro bevitore disinformato, che giustamente si aspetta di aver ordinato un liquido semi incolore (e ahimè a volte anche insapore e inodore). Dessimis punta tutto sulle note asprigne della frutta rossa fresca, mirtillo rosso, melograno, ribes, pompelmo rosa, che si intersecano a sentori floreali e a spirali sapido-terrose. Un vino “diverso”, innovativo anche se tradizionale, che tutti dovrebbero a mio avviso provare per capire quale sia l’immensa potenzialità di quest’uva, unica nel suo genere. Dicotomico, poichè connette freschezza e struttura, dolce e aspro, bianco e rosso, trascendente ed immanente.

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