Enobucolico racconta l'apologia dei vini bianchi

Sommelier Enobucolico

Sommelier Enobucolico


Personal sommelier e wine advisor

 

C’era una volta l’idea che i vini bianchi non potessero invecchiare, e che andassero bevuti al più presto possibile, entro e non oltre l’anno. Questo va attribuito, in parte e non del tutto, al fatto che i bianchi di un tempo facessero piuttosto uniformemente schifo. Ma c’è dell’altro, una frase detta e non detta, un ipse dixit che aleggia insidioso tutt’ora tra i salotti degli stolti, i quali ripetono questo mantra nelle loro languide disquisizioni come un punto fermo da cui partire, una verità inoppugnabile alla quale aggrapparsi, per farsi forza, lodando la propria negligenza: “il bianco è inferiore al rosso”.

Non riesco a comprendere esattamente il motivo di tale aberrazione, se non forse nella visione di chi vuole attribuire un connotato biblico al vino, e nel suo colore vuole per forza vedere la divina tonalità del sangue di Cristo (o di Giuda). Forse paghiamo ancora il retaggio di quei bianchi ossidati di una volta, che non duravano nemmeno fino alla vendemmia successiva, vini mal fatti...non che i rossi fatti male possano magicamente tramutarsi in Masseto dopo qualche anno di affinamento nella cantina polverosa del nonno. Ed è appunto da questa vile bestemmia, che nasce un’altra ingiustizia, ancora più difficile da scacciare dalle menti di chi, alla fine, il vino lo beve e lo compra: “il bianco non invecchia”. Ogni volta che sento questa frase (e l’ho sentita spesso) mi parte un espressione a metà tra Sgarbi incazzato e l’Urlo di Munch.

Del resto gli anni bui dell’oscurantismo enoico hanno dato vita a molti miti, che si protraggono fino ad oggi facendo leva sulla comodità del rimanere immobili. Mi sembra assurda innanzitutto la pressione sugli enotecari per avere l’annata nuova, un rito che si perpetua di anno in anno. Credo che dietro ad una sincera preferenza di gusto si celi un velato inconsapevole disrispetto verso il vino stesso, trattato da oggetto di consumo senz’anima, a cui si voltano le spalle non appena arriva il nuovo giocattolo. Ebbene dopo un anno, un vino ben fatto dovrebbe aver smussato le durezze ed integrato le componenti aromatiche (o quantomeno aver iniziato questi processi, nei vini più strutturati). Se invece si giudica che quel vino non è più buono, qualcosa mi dice che buono quel vino non lo è mai stato.

Da un punto di vista strettamente tecnico, il vero nemico dell’invecchiamento si chiama ossidazione. Storicamente i vini bianchi venivano fermentati sulle loro bucce, come i rossi: questo permetteva di estrarre del tannino, una sostanza antiossidante. In soldoni, un primitivo conservante, che però apporta notevoli modifiche al vino finale, con la tipica astringenza che si riscontra tutt’ora in un’altra categoria di vini, gli orange, in cui questa caratteristica è ricercata e voluta. Al giorno d’oggi disponiamo di tecniche moderne che riguardano la vinificazione di vini bianchi, tecniche che ci permettono di evitare ossidazioni senza estrarre tannini. Il resto lo dobbiamo fare noi, assicurandoci che il vino si conservi in condizioni di luce e calore ottimali. Problema risolto

Veniamo dunque al punto, dopo questa lunga prefazione... di vini bianchi da invecchiamento, è veramente pieno il mondo.
Tutte le varietà a bacca bianca possono dar vita a vini da invecchiamento, ciò che fa la differenza, ancora una volta è il terroir: il suolo e il clima in cui cresce. Un bianco che riesce a coniugare intensità aromatica ed acidità, è per definizione un vino predisposto all’invecchiamento. Oggi le zone più fredde cominciano ad essere sempre più richieste, per via dei cambiamenti climatici che stanno mettendo dando molti grattacapi a chi scrive il World Atlas of Wine (ogni 7 anni comincia a non bastare più, Jancis e Hugh). Un clima troppo caldo da quasi sempre acidità basse, e acidità basse danno quasi sempre vini incapaci di invecchiare.

In Italia oggi si possono individuare moltissimi grandi terroir per bianchi da invecchiamento, dalla Sicilia fino alla Val d’Aosta, grazie all’estrema abbondanza di complessi microclimi lungo tutta la penisola. E’ proprio la Sicilia la regione forse più sorprendente in quest’ottica, con le sue varietà autoctone in grado di regalare vini dritti e agili, nonostante la latitudine... dai bianchi vulcanici dell’Etna (Carricante), ai Catarratto della Sicilia Occidentale, passando per Grillo, Zibibbo, e Malvasia della Lipari.
Anche in Campania troviamo alcuni autoctoni micidiali su suoli vulcanici, il Fiano, il Greco e la Falanghina.

Il centro Italia, sebbene sia più conosciuto per i grandi rossi, è una fonte di eccellenti bianchi, spesso da uve un tempo sottovalutate come Trebbiano Spoletino, Trebbiano Toscano, Grechetto, Pecorino, Passerina, Bellone, Vermentino, Malvasia del Chianti. E ancora, Vernaccia di San Gimignano e Verdicchio dei Castelli di Jesi.

In Nord Italia spicca la stella nascente Timorasso, nei Colli Tortonesi, seguito da altre uve piemontesi, spesso obnubilate dai rossi, come Cortese e Arneis. Da tenere sotto stretta osservazione sono i bianchi valdostani, che nascono ad altitudine elevate. In Veneto,da tener d’occhio sono i suoli vulcanici di Soave, Gambellara e i Colli Euganei.
Le due grandi roccaforti dei bianchi nel nord Italia si chiamano Friuli e Alto Adige, regioni di confine lungo l’arco alpino dove troviamo alcuni autoctoni importanti, Gewurztraminer, Ribolla Gialla, Tocai Friulano. Tuttavia è proprio qui che le varietà internazionali si esprimono al meglio: Sauvignon, Chardonnay, Riesling, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Kerner, Sylvaner e Veltliner.

Questo è solo un breve elenco di banali esempi tenendo conto della sola penisola italica. Andando solo un po’ più distante si potrebbero menzionare Mosella, Loira, Borgogna, Alsazia: una bella lista di chi ci ha creduto prima. In tutta la penisola possiamo trovare vini bianchi straordinari, ed è pieno di bottiglie che a distanza di 20 anni sono in forma straordinaria. Il mio è un appello a credere di più nel potenziale dei nostri bianchi, un’esortazione a intenderli come un prodotto che evolve, in positivo: cominciamo a dargli il tempo per esprimersi. Troncare la vita di un bianco a 6 mesi dalla vendemmia, vuol dire perdersi una quantità di sfumature... figuriamoci a 5 o 6 anni, o anche perchè no, a 20-30 anni in qualche caso. Ciò non significa che un bianco giovane non sia piacevole, ma è importante comprendere che in fondo c’è molto altro che può uscire con un po’ di pazienza, e con un po’ di rispetto verso un prodotto straordinario.

Ecco quindi una lista di 12 bianchi italiani con un potenziale di invecchiamento stimato superiore ai 20 anni, tutti attualmente in commercio.

Lunga vita ai bianchi... letteralmente!

Vini bianchi degustati

Doria di Montalto Riesling Roncobianco 2015

Doria di Montalto Riesling Roncobianco 2015

Straordinario Riesling Renano dell’Oltrepò Pavese, una sinfonia di note agrumate, vegetali, balsamiche e minerali che si legano agli idrocarburi. Di corpo medio, tanta acidità ed intensità alle stelle, vino incisivo.


Gulfi Carjcanti 2017

Gulfi Carjcanti 2017

Un ettaro e mezzo di vigneto a conduzione biologica danno vita a questo Carricante particolarmente strutturato e complesso. Grande ampiezza, note di frutta fresca che si legano a cenni terrosi e fumosi, affiorano anche alcuni terziari. Bocca molto precisa, tagliente.


Scarbolo Mattia Beyond Pinot 2016

Scarbolo Mattia Beyond Pinot 2016

Ottimo esempio di ciò che può fare il Pinot Grigio in Friuli, se lo si tratta con la giusta riverenza. Bouquet incredibilmente ampio, frutta che spazia da fresca a tropicale, spezie orientali, fiori secchi, lieviti. Pieno, generoso, ancora in una fase molto giovanile, vino di grandi prospettive.


Torre a Oriente Biancuzita 2016

Torre a Oriente Biancuzita 2016

Una Falanghina vestita di solo acciaio, che nasce dal cuore della Campania, nel Taburno. La frutta matura da la carica, seguono i cenni fumosi/sulfurei, di panificazione e vegetali. Corpo pieno, buona acidità e finale lungo, minerale.


Rodaro Sauvignon Evoluto 2013

Rodaro Sauvignon Evoluto 2013

Un vino bianco che vede la luce solo dopo molti anni di cantina, con l’intento di uscire in uno stadio evolutivo già buono. Tempra ancora vibrante, ai caratteri varietali esotici e vegetali si aggiunge un corredo minerale, fumoso, ed un sorso cremoso e profondo. Ottima acidità, salino nel finale


Kuenhof Eisacktaler Sylvaner 2019

Kuenhof Eisacktaler Sylvaner 2019

Nelle alte colline della Valle Isarco il Sylvaner trova la sua dimora ideale. Un vino incredibilmente preciso, chirurgico, quasi affilato, con note di frutta freschissima che si combinano a nette sensazioni minerali e fumose. Acidità alle stelle e tanta sapidità.


I Carpini Brezza d’Estate Timorasso Riserva 2014

I Carpini Brezza d’Estate Timorasso Riserva 2014

Capolavoro nei Colli Tortonesi, un Timorasso che inizia solo ora la sua evoluzione, con i primi sentori terziari di petrolio e lime candito. Bouquet molto pulito, sulle note di frutta matura si innestano sentori floreali e mielati. Corpo sottile, sinuoso, vino senza tempo.


Castel Juval Muller Thurgau 2019

Castel Juval Muller Thurgau 2019

Una scommessa, un’uva a volte bistrattata, ma che qui in Val Venosta, ad altitudini sopra i 700 metri, indossa la vesti della regina delle Alpi. Profluvio di frutta esotica e spezie dolci con corredi balsamici e vegetali pungenti, a tratti fumoso. Ottimo contrasto tra caldo e freddo, eccentrico e geniale.


Vaccaro Catarratto Zibibbo 2020

Vaccaro Catarratto Zibibbo 2020

Blend altamente inusuale di due varietà che più diverse non potrebbero essere. Il Catarratto regala struttura, profondità, vena salina e spalla acida; lo Zibibbo fa il resto ed apre ad uno tsunami di sensazioni tra la frutta tropicale, le spezie dolci, gli agrumi e la macchia mediterranea. Vastissimo.


Niklas Libellula Kerner Riserva 2017

Niklas Libellula Kerner Riserva 2017

C’è del Riesling nel DNA del Kerner, e si sente. Generosissime note agrumate, floreali, di frutta fresca, cenni di panificazione e miele. Prorompente al palato, molto pieno con acidità alle stelle. Vibrante, esplosivo.


Josef Weger Pinot Bianco Maso delle Rose 2018

Josef Weger Maso delle Rose 2018

Il Pinot Bianco è forse la varietà col più grande potenziale in Alto Adige. Questo è un vino tremendamente complesso e multisfaccettato, dal portamento nobile. La frutta gioca su più livelli di maturità, poi fiori, zenzero, pepe bianco, toni pietrosi. Al palato è di buon corpo, alta acidità e finale salino.


Poderi Mattioli Verdicchio dei Castelli di Jesi Ylice 2018

Poderi Mattioli Ylice 2018

Esempio di un vino che riesce ad unire dei connotati ossimorici, soffice ed affilato, roccioso ed armonioso. Note slanciate di frutta agrumata e vegetali, racchiuse da un’anima fredda, minerale. Grande acidità in bocca, profilo chirurgico, tagliente ma accogliente. Appartiene alla cantina Poderi Mattioli.

Galleria fotografica dei vini bianchi

Doria di Montalto Riesling Roncobianco 2015
Gulfi Carjcanti 2017
Scarbolo Mattia Beyond Pinot 2016
Torre a Oriente Biancuzita 2016
Rodaro Sauvignon Evoluto 2013
Kuenhof Eisacktaler Sylvaner 2019
I Carpini Brezza d’Estate Timorasso Riserva 2014
Castel Juval Muller Thurgau 2019
Vaccaro Catarratto Zibibbo 2020
Niklas Libellula Kerner Riserva 2017
Josef Weger Pinot Bianco Maso delle Rose 201
Poderi Mattioli Verdicchio dei Castelli di Jesi Ylice 2018
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